Nel centro storico di Napoli, nella centralissima Spaccanapoli, esiste un posto molto speciale, noto come l’Ospedale delle bambole. Si tratta di un rinomato museo di Napoli, la cui sede è nel Palazzo Marigliano. In esso sono raccolti giocattoli e bambole d’epoca. La curiosità è racchiusa nel fatto che, annesso al museo, c’è un laboratorio che provvede alla cura delle stesse. Molti cittadini, infatti, si servono di tale struttura come se fosse un vero e proprio ospedale. Ed è così che questo luogo, che ormai abbraccia una tradizione centenaria, si è affermato come uno dei centri di riparazione di bambole più famoso d’Italia.
Chi sceglie di visitare le sue sale viene avvolto da un’atmosfera nostalgica, capace di far riaffiorare alla mente ricordi d’infanzia e spensieratezza. Si tratta, insomma, di un luogo davvero magico che sembra fermare il tempo, grazie alla presenza – all’interno del museo – di alcuni giocattoli e bambole d’epoca (come quelle in porcellana o in legno). Tra le più note, infatti, è possibile ammirare le Grugnette e le intramontabili Barbie.
La storia
Quali sono le origini dell’ospedale delle bambole? La sua storia è riconducibile a Luigi Grassi, uno scenografo dei teatri di corte e dei teatrini napoletani. Nel 1895 fondò un piccolo laboratorio per la costruzione delle sue scenografie e per la riparazione ed il restauro delle attrezzature usate durante gli spettacoli teatrali. Inoltre effettuava interventi anche su giocattoli, oggetti di culto, burattini e maschere teatrali. Così, grazie alle mani d’oro di Grassi – sopratutto nella riparazione delle bambole – la sua bottega divenne un punto di riferimento per l’intera città.
L’etimologia del nome, invece, viene associata al fatto che solitamente, lo scenografo napoletano, indossava sempre un camice bianco. La facile associazione con la divisa di un medico, indusse i napoletani a chiamare quel luogo ‘o spitale d’è bambule (l’ospedale delle bambole).
Dopo di lui, la gestione del laboratorio è riuscita a sopravvivere nel tempo, tramandandosi di generazione in generazione. C’è un aneddoto in particolare che merita di essere ricordato, ovvero quello legato al figlio, Michele Grassi, che operò durante gli anni della seconda guerra mondiale. E così, in quel momento storico di grande crisi economica, Michele decise di riparare le bambole solo “in cambio di un sorriso”.
Ma la storia dell’ospedale delle bambole continua. Tale struttura iniziò a diventare famosa nel mondo con la terza generazione, ovvero con l’arrivo del nipote del fondatore, Luigi Grassi (nonché appunto il figlio di Michele). L’ospedale fu nuovamente denominato col nome “la lampada di Aladino”, grazie al barlume di speranza che riusciva a regalare a un quartiere che – a quei tempi – era avvolto nell’ombra. Nel giro di poco la bottega iniziò ad essere frequentata da intellettuali, celebri personaggi della nobiltà di Napoli e del mondo dello spettacolo. Tornando ai giorni d’oggi, invece, il timone della bottega è stato affidato a Tiziana Grassi, (ovvero la pronipote del fondatore), che nel 2017 apre al pubblico il Museo dell’Ospedale delle bambole, a palazzo Marigliano – proprio a due passi da Napoli Sotterranea – che ogni anno ospita migliaia di turisti da ogni parte del globo.
Percorso espositivo
L’esposizione, concepita come un autentico ospedale, è organizzata in diverse aree: il “Bambolatorio” è il reparto in cui i visitatori possono donare i loro giocattoli, mentre i reparti dedicati alle operazioni di abbellimento includono la Sartoria, il Trucco e la “Parruccheria”. Le riparazioni, invece, vengono effettuate in altri spazi come l’Oculistica, dove si riparano i meccanismi che consentono l’apertura e chiusura degli occhi. E ancora, ritroviamo aree dedicate all’Ortopedia, al Decoro, alla sala Gessi e a quella di Meccanica. Il progetto del percorso, insomma, richiama alla mente quello di un ospedale, anche per la presenza di altri reparti come la sala accettazione, il pronto soccorso, l’ambulatorio veterinario per peluche e quello per il restauro sacro.